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"AUTUNNO" foto di Attilio Pietrogiovanna

AGNER e DINTORNI , vuole essere uno spazio a disposizione di abitanti e frequentatori di questi luoghi.
Ovviamente questo vale anche per associazioni, amministratori locali e per tutti coloro abbiano da proporre tematiche inerenti l'Agordino.
E sopratutto vogliano promuovere tante lodevoli iniziative spesso note ai soli abitanti del paese in cui si svolgono!

Inviateci tramite e-mail il programma di quanto organizzate, con molto piacere, sarà inserito quanto prima su Agner & Dintorni..


lunedì 21 gennaio 2013

L'ODOR DE LA SCORZA...


di Cherubino Miana

 

...a nove anni suo padre una sera glielo disse in modo burbero: lunedì si parte per la Francia,con tuo fratello Modesto, siamo in tanti Agordini che ci guadagniamo il pane facendo sedie. Lui non rispose, un ragazzo di nove anni aveva appena finito la terza elementare, pensava a tutto fuorchè alla Francia,solitamente il pomeriggio lo passava nei prati comunali a pascolare pecore e vacche preparando trappole per tordi e pettirossi, la Francia, ma dove era la Francia?

Laggiù a Bribano erano in diversi seggiolaia adulti con due o tre ragazzi a testa chiamati (gaburi). Il treno arrivò da Belluno, rumoroso lasciava dietro una scia di fumo che usciva da dove il carbone bruciava. Fu lungo il viaggio finchè arrivarono a Cavaion territorio francese molto frequentato. Il carretto a due ruote con sopra paglia ed attrezzi vari lo prepararono il giorno dopo, la sera dell'arrivo era servito come tetto e la paglia come giacilio, dormivano solitamente all'aperto, anche la coperta era un mazzo di paglia. Il mattino era nuvoloso, minacciava pioggia, ma dovevano andare in cerca di qualcuno che avesse bisogno di seggiolai per buttar in piedi sedie nuove o reimpagliare le vecchie usurate. Un giorno dopo l'altro passarono in fretta tre anni senza tornare a Voltago, se c'era nostalgia dovevi tenertela nel cuore, nostalgia di tua madre degli altri fratelli, del Miglio Mena compagno di trappole per uccelli (archet)...dei prati sfalciati, delle corse nei boschi, tutto dentro di te e l'animo si induriva, sentivi ogni giorno sempre di più crescerti dentro una rabbia che dovevi sopportare, era la scorza che si formava, una scorza dapprima tenera, poi sempre più dura, era il suo odore quello delle acacie appena tagliate che dovevi tagliare, sagomare,forare e incuneare per mettere assieme la sedia, era l'odore acre della paglia appena tagliata e seccata in fretta, quella paglia che la mattina dovevi immergere nella fontana, rompendone il ghiaccio che si era formato la notte. Modesto dopo alcuni giorni di forti dolori all'orecchio morì su due manelli di paglia di otite, lo seppellirono nel cimitero francese e finchè rimasero a Cavaion andavano a salutarlo la domenica dopo messa, non un fiore, solo una preghiera a mezze labbra vicino a quella croce fatta con l'avanzo dell'acacia che non era servito per le sedie. Partirono il nove febbraio del 1920 per far ritorno a casa. Lui immaginava, durante il viaggio come sarebbe stato il ritorno, quella casa bianca lì sopra il colle con la stalla vicina e quelle montagne di fronte, bellissime...Da Bribano c'era allora il treno che arrivava ad Agordo....poi a piedi con la valigia sulla spalla destra cinque chilometri ed eri arrivato. Dalla stazione di Agordo si vedeva solo una parte della casa il lato destro del tetto lo aveva subito notato. Sua madre li attendeva, sapeva che Modesto non c'era più, allora ci si rassegnava pregando a bassa voce mentre si andava alla stalla....non lo abbracciò sua madre gli fece solo una carezza tra i capelli e gli disse: come sei cresciuto Toni, non si usavano abbracci, l'energia serviva allora solo per lavorare, salutò anche il marito chiedendogli: come vala Rafael,,,lui non rispose, si sentiva in colpa verso quella donna magra e se pur giovane con quel fazzoletto nero legato dietro la testa, si in colpa per aver lasciato in terra francese, in una tomba che in poco tempo sarebbe diventata sconosciuta, quel figlio maggiore partito tre anni prima. Si guardarono in fretta come se non volessero che i loro sguardi si incontrassero. La sera seduti intorno al larin (caminetto) ne avevano di che raccontarsi, della stalla, del fieno che quell'anno di pioggia non era dei migliori, della vacca bisa che aveva perso il vitello in malga perchè la facevano correre troppo la sera al rientro nelle stalle (teath)...poi il discorso arrivò al Modesto, fu una cosa di poche parole, dissero alla fine, il prossimo che nasce lo dovremmo ricordare e così dopo dieci mesi nacque Modesta...la scorza del montanaro era dura, anche se quella sera una lacrima, una sola rigò il volto della Tina...
Gli anni passarono e il peregrinare nella Francia continuò, lui aveva imparato il francese...diceva so il ...patuà....giocando quando poteva la sera con i ragazzini suoi coetanei di Francia...aveva imparato a mettere in piedi sedie e ad impagliare, tagliandosi dapprima le mani morbide con la paglia che penetrava si sulla carne, poi un po alla volta i polpastrelli ed il palmo della mano si indurirono, si formò una corteccia (scorza) dura che gli impediva di chiudere del tutto, specie la mano destra, ma quella era la vita ed il suo destino.....quando poi c'era da consegnare le sedie se le caricava sulla spalla sinistra con l'aiuto del padre, un castello di sedie pesanti che un po' alla volta si abituò a tenere in equilibrio anche mentre andava in bicicletta, senza naturalmente tener le mani sul manubrio,,,,un equilibrista....Lo chiamarono a diciotto anni alla visita militare ad Agordo, il dottor Gigi Lise lo fece spogliare completamente, guardò quel corpo ossuto dai garretti di cerbiatto, sembrava che tutto andasse bene, ma quando ascoltò il battito del cuore disse...can da l'oste te ha mal de cor (perdiana hai mal di cuore) non sei abile per l'esercito...rivedibile, per tre anni la stessa storia, poi il medico si decise, nulla da fare, non sei abile per servire la patria. Lui dapprima ci rimase male, eran in tanti della sua età e tutti eran abili, solo lui....anche quella fu in apparenza una sconfitta,,,ma come correva per i boschi, tagliava l'erba con la falce per ore, nulla che facesse pensare al mal di cuore..comunque le ferite in quel tempo cicatrizzavano in fretta....anche se rimanevano evidenti sulla scorza che era cresciuta a difesa di quel corpo esile....venne la guerra e tutti i suoi amici partirono, lui rimase solo, spaesato in quel paese che quasi non conosceva più, persosi per anni nelle contrade francesi....partirono i suoi amici e fu la Russia, eran arruolati nel battaglion Belluno, e si trovarono fianco a fianco con i commilitoni friulani della Iulia, ma in una di quelle battaglie sul Don solo uno si salvò, tornò con negli occhi quello che aveva visto, tornò solo il Dioso e si mise a seguire la sua grande stalla e quel cavallo grosso dalla criniera fulva e che d'inverno usava per tirare vicino alla strada carrozzabile i tronchi di abete o larice da tagliare in segheria, o aprire con un aratro in legno le strade comunali...il Dioso lui lo ricordava spesso, l'unico tornato....la guerra lo aveva risparmiato, come il mal di cuore aveva salvato lui...si scoprì dopo col passare degli anni che il suo malanno era dovuto al fatto che a furia di portare sulla spalla sinistra quel mucchio di sedie sin da ragazzo, la spalla si era abbassata ed il ritmo del cuore si era adattato a quella situazione, batteva anomalo..insomma. Quando ormai vecchio andava a riposarsi diceva di enumerare e ripensare a tutti quegli amici meno fortunati di lui, li ricordava uno per uno. Leggeva molto quando poteva e superati da poco i novant'anni alla morte di Moravia volle che gli prestassi tutti i suoi libri....li lesse nei mesi invernali....poi compiuti i cent'anni se ne andò a ritrovare i suoi amici di un tempo persi nelle contrade Russe...ricordo ancora queste piccole cose, perchè non ne parlava spesso, lo raccontava ai miei figli in genere...lui era mio padre.

cher.2013

2 commenti:

  1. Bella storia sui tempi duri, che (speriamo) di esserci lasciati alle spalle definitivamente. Anche la memoria del passato serve a questo, ad evitare di riviverlo.
    Saluti
    Giorgio

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